2/7) Tubilustrium (festività): seconda lustratio (purificazione) delle tubæ che si usavano nei sacrifici. Questo Tubilustrium era dedicato a Vulcano, artefice delle trombe.
4/7) 337 d.C.: Costantinopoli – Alla morte di Costantino I, il potere imperiale viene spartito tra i cesari (suoi figli e nipoti) da lui nominati. Questi, nella situazione di stallo venutasi a creare, mantengono il controllo delle rispettive aree assegnate loro dal defunto imperatore, pur sempre aspirando ad un maggior potere a danno dei colleghi.
Costantino, prima della sua morte (22 Maggio), non aveva affrontato il problema della successione: solo a livello di ipotesi si può supporre che, con la creazione di più prefetture del pretorio nelle varie capitali dell’Impero, i cui territori ricalcavano la suddivisione politica del tempo dei tetrarchi, egli prevedesse per ciascuna il governo di uno dei suoi figli e forse anche dei suoi due nipoti Dalmazio e Annibaliano (il primo era stato nominato cesare, il secondo aveva ricevuto il titolo di “re dei re”). Tuttavia una simile soluzione poteva essere valida al massimo per l’immediato e lasciava non risolti alcuni problemi di fondo.
Le fonti trasmettono un certo clima di incertezza, non essendo chiara neanche ai contemporanei gli scenari della successione e della futura organizzazione dell’Impero. Come già detto, la partecipazione dei figli alla dignità imperiale potrebbe lasciar intendere il disegno di un Impero, sulla falsariga di quello tetrarchico, retto da una pluralità di sovrani; tuttavia questo scenario sembra essere poco plausibile, in quanto Costantino aveva concepito come sua missione il ristabilire l’unità dell’Impero attraverso il governo di un solo imperatore, il che vede suo figlio Costantino II come Primo Augusto in una posizione di rilievo rispetto agli altri suoi fratelli Costante e Costanzo II.
Nell’immediato, l’Impero si trovò così – e lo sarà per brevissimo tempo – diviso tra i quattro cesari, i tre figli di Costantino e il nipote di questi Dalmazio, un quinto cesare sarebbe dovuto essere Annibaliano (“re delle genti pontiche”), ma che di fatto non esercitò mai un reale potere, gestito invece, per quelle regioni, da Costanzo II.
«So che avrei vantaggi se abbandonassi la città, ma via non posso andare… Non vi lascerò mai. Ho deciso di morire con voi!»
7/7) 1480 d.C.: Rodi – Mesic Pascià, greco rinnegato convertitosi all’Islam e parente dell’ultimo imperatore bizantino Costantino XI, viene duramente sconfitto dalla coalizione cristiana asserragliata sull’isola, lasciando sul campo 25.000 uomini (il corpo di invasione era di 70.000 uomini) e una considerevole quantità di armi e munizioni. Maometto II, per rifarsi della sconfitta, organizza una nuova spedizione, questa volta diretta contro la Puglia (rivendicata dagli Ottomani in quanto parte del precedente Impero bizantino di cui loro si professano “successori”).
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