1/1) 52 a.C.: tempio della Bona Dea di Bovillae – Scontro armato tra populares e optimates che si protrarrà a Roma in occasione dei funerali di Publio Clodio Pulcro.
Antefatto. Il 53 a.C. fu un anno di gravi disordini che portarono Roma quasi alla paralisi della vita pubblica. Il triumvirato era ormai in piena crisi: Crasso era morto a giugno combattendo contro i Parti e Cesare era impegnato nelle campagne militari in Gallia; le tensioni avevano impedito, fino alla metà dell’anno, che i consoli fossero eletti e la vita cittadina era funestata da continui scontri fra bande armate, capeggiate da uomini di opposte fazioni. Fra questi vi erano Publio Clodio Pulcro, uomo di parte dei populares e Tito Annio Milone, legato invece agli optimates. Anche lo stesso Cicerone, impegnato nella composizione del De re publica, si teneva in disparte dalla vita politica, limitandosi ad appoggiare la candidatura di Milone alle elezioni per il consolato del 52 a.C. Anche quell’anno però cominciò senza che i consoli fossero eletti.
«Accadde che Milone si imbatté in Clodio verso le cinque del pomeriggio. Subito, da un’altura, molti uomini in armi si lanciarono contro di lui, e alcuni, attaccando di fronte, uccisero il cocchiere. Milone, allora, toltosi il mantello, scese giù dal carro e si difese alacremente; gli uomini che si trovavano con Clodio, dunque, sguainate le spade, tornarono verso il carro per attaccare Milone alle spalle, mentre gli altri, pensando che Milone fosse già morto, si diedero a ucciderne gli schiavi. Tra questi, che dimostrarono grande coraggio e fedeltà al padrone, alcuni furono uccisi, mentre altri, vedendo che si era scatenata una zuffa attorno al carro, non riuscendo a soccorrere Milone e credendo anzi che – come avevano sentito dire dallo stesso Clodio – fosse morto, senza che il padrone lo ordinasse, senza che lo sapesse o che fosse presente, fecero quanto ciascuno avrebbe desiderato che i propri uomini facessero in una simile circostanza.» (Cicerone)
L’intero episodio del 20 gennaio 52 a.C. ci è stato tramandato per intero dalla Pro Milone di Cicerone, con la “presunta” ricostruzione dei fatti esposta al processo, divenuta poi una delle sue più clamorose sconfitte forensi.
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