1/2) 222 – La guardia pretoriana assassina l’imperatore romano Eliogabalo e proclama augusto al suo posto il cugino e figlio adottivo Alessandro Severo, ultimo rappresentante della dinastia dei Severi.
Marco Aurelio Antonino Augusto, meglio noto come Eliogabalo o Elagabalo, fu imperatore dell’impero romano appartenente alla dinastia dei Severi, che regnò dal 218 al 222. Era di origini siriane ed il nome ‘Eliogabalo’ deriva infatti da due parole siriache, El (‘dio’) e gabal (concetto associabile a ‘montagna’), e significa ‘il dio [che si manifesta in una] montagna’, chiaro riferimento alla divinità solare di cui era sacerdote. Fu acclamato imperatore dalle truppe orientali, in opposizione all’imperatore Macrino, all’età di quattordici anni. Il giovane imperatore siriano, sovvertì le tradizioni religiose romane, sostituendo a Giove, signore del pantheon romano, la nuova divinità solare del Sol Invictus. La politica religiosa e i suoi eccessi sessuali (ebbe 5 mogli e due ‘mariti’) causarono una crescente opposizione del popolo e del Senato romano, che culminò col suo assassinio per mano della guardia pretoriana e l’insediamento del cugino Alessandro Severo.
Eliogabalo fu inoltre colpito dalla damnatio memoriae. Il suo governo si guadagnò tra i contemporanei fama di eccentricità, decadenza e fanatismo, probabilmente esagerata dai successori: questa fama si tramandò anche grazie ai primi storici cristiani, che ne diedero un ritratto ostile. La storiografia moderna restituisce un ritratto più articolato, riconducendone il fallimento al contrasto tra il conservatorismo romano e la dinamicità del giovane sovrano siriano, alla sua incapacità di scendere a compromessi e alla sua incomprensione della gravità e solennità del ruolo di imperatore. Il suo regno, però, permise alla dinastia dei Severi di consolidare il proprio controllo dell’impero, permettendo di preparare il terreno per il governo di Alessandro Severo.
« Fece un tentativo di fuggire, e sarebbe riuscito a raggiungere un qualche luogo nascosto in una latrina, se non fosse stato scoperto e ucciso, all’età di diciotto anni. La madre, che lo abbracciò e lo strinse fortemente, morì con lui; le loro teste furono spiccate dal busto e i loro corpi, dopo essere stati denudati, furono prima trascinati per tutta la città, e poi il corpo della madre fu gettato in un posto o in un altro, mentre il suo venne gettato nel fiume. » |
(Cassio Dione, Storia romana, lxxx.20) |
2/2) Natale di Favonio (Natalis Favonii)
Nella mitologia greca, la personificazione del vento che soffia da ponente soprattutto in primavera, considerato dai Greci figlio di Astreo e di Eos. Nella mitologia romana è noto come Favonio, con il suo tepore favorisce lo sviluppo delle piante. In lingua italiana è chiamato invece Zèfiro o Zèffiro.
Nell’Iliade Zefiro è un vento violento o piovoso, mentre più tardi sarà considerato leggero, simile alla brezza, e messaggero della primavera.
Secondo Esiodo è figlio di Astreo (o di Eolo, dio dei venti) e di Eos (l’aurora), e vive in una caverna in Tracia.
Zefiro si unì all’arpia Celeno, che aveva preso le sembianze di una giumenta; dalla loro unione sarebbero nati Xanto e Balio, i cavalli immortali di Achille.
Innamoratosi del giovane principe spartano, Giacinto, lo contese ad Apollo. Un giorno, accecato dalla gelosia, Zefiro deviò un disco lanciato dal dio, che colpì Giacinto, uccidendolo.
Un’altra tradizione lo fa marito della ninfa Clori, dea dei fiori, dalla quale ebbe Carpo, il frutto.
Zefiro viene raffigurato come un giovane alato, che tiene in mano un mazzo di fiori primaverili.