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Veleni, gas tossici, miscele esplosive: la “guerra sporca” nell’antichità.

Ieri come oggi l’esito di guerre, scontri o conflitti non è mai determinato dalle quantità delle sole forze che si hanno in campo, ma anche dalla conoscenza di armi alternative che creano maggiori danni al nemico nel minor tempo possibile. Vediamo alcuni episodi salienti di vario genere che vanno dal periodo greco al periodo tardo-antico e il loro esito (non sempre favorevole!). Nell’articolo apriremo anche alcune parentesi riguardanti curiosità storiche su veleni ed avvelenamenti. Buona lettura!

Helleborus Niger

I) 590 a.C.: I Guerra Sacra. Il conflitto, uno dei più antichi della storia greca documentati, avviene tra la città di Crisa e l’Anfizionia Delfica (lega religiosa) per il controllo del santuario di Delfi, noto per la sua ricchezza e per i doni offerti che vi giungevano da tutta l’area greca. Per sconfiggere Crisa l’Anfizionia utilizzò, nel corso dell’assedio della città, una pianta appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae: l’elleboro nero (Helleborus Niger). L’elleboro, grazie alle sostanze tossiche contenute al suo interno, fu usato per avvelenare la falda acquifera di Crisa, causando ai suoi abitanti vari sintomi tra cui vomito, diarrea e arresto cardiaco. La città nemica dovette arrendersi e fu rasa al suolo dalla lega di città, che optarono per un controllo condiviso del santuario panellenico.

Alliances_in_the_Pelopennesian_War,_431_B.C._1II) 429 a.C.: Guerra del Peloponneso (fronte greco). Gli Spartani, guidati da Archidamo di Sparta, si preparano ad assediare la città di Platea, fedele alleata di Atene. L’assedio non dà i risultati sperati e si protrae oltre ogni previsione. Il comandante spartano decide così bruciare fascine di legna con resina di pino, zolfo e pece, creando così un gas lacrimogeno la cui respirazione prolungata portava all’asfissia. Gli abitanti di Platea però sono molto fortunati: infatti scoppia un violento temporale che rende vano il successo spartano. Uno stratagemma analogo, questa volta con esito favorevole, verrà adottato cinque anni dopo dalla Lega Beotica (Tebe) nell’assedio di Delo.

III) 415 a.C.: Guerra del Peloponneso (fronte magno-greco). Gli Ateniesi, per fermare i rifornimenti alimentari e militari verso Sparta, decidono di intraprendere una grande spedizione navale contro Siracusa. La spedizione, organizzata da Alcibiade, non era partita nel migliore dei modi dato lo scandalo delle Erme mutilate (di cui fu accusato lo stesso Alcibiade, che rifiutò di essere processato ad Atene e per vendetta passo dalla parte di Sparta). 600px-Fine_della_spedizione_atenieseSulla carta l’esercito ateniese (comandato dagli strateghi Nicia e Demostene) avrebbe dovuto avere la meglio, se non fosse per il luogo che loro ritenevano strategico e che i Siracusani lasciarono loro occupare molto volentieri: il tempio extra murario di Zeus adiacente al fiume Anapo e alla zona paludosa chiamata “Lysimeleia” (“che scioglie le membra”). Gli Ateniesi divennero così assediati e furono vittima di epidemie (malaria) che, unite agli attacchi siracusani, portarono in breve tempo alla loro disfatta. Gli Ateniesi superstiti finiranno condannati a morte o ai lavori forzati (in cave o miniere). Immemori di questo precedente, successivamente a farne le spese saranno anche il cartaginese Amilcare e le legioni di Marco Claudio Marcello.

ippocrate-statua
Ippocrate

Di seguito il giudizio di Ippocrate sui luoghi paludosi (ignorato dagli Ateniesi):

Durante l’estate gli abitanti delle regioni con acque dormienti, sia di palude che di stagno, erano affetti da dissenteria e da febbre quartane; avevano sempre la milza voluminosa e dura, il ventre emaciato e caldo, il volto e le spalle scarnite.

view_cartina_TIROCS2IV) 332 a.C.: campagne militari di Alessandro Magno in Oriente. La conquista di Tiro fu una grande fatica per le truppe macedoni, che impiegarono sette mesi per espugnarla e costruirono un istmo che collegava la città-isola alla terraferma. Tra gli stratagemmi dei soldati di Tiro, è da ricordare il riscaldamento di granelli di sabbia sugli scudi, granelli che poi venivano “soffiati” verso gli invasori macedoni. I granelli così si infilavano nelle armature dei nemici provocando ustioni.

download2V) 331 a.C. Abbandoniamo per un attimo guerre, campi di battaglia e strategie militari e spostiamoci a Roma. Proprio qui nell’anno 331 ebbe origine il termine “veleno”. In quell’anno a Roma si crede ci sia un’epidemia, abbastanza strana per i soggetti che colpisce: maschi e aristocratici. Presto si viene a scoprire che non si tratta di una malattia, ma di un vero e proprio avvelenamento: grazie ad una delatrice, viene sgominata un’organizzazione composta da matrone “annoiate” che fabbricavano veleni usandoli contro mariti o amanti. Le colpevoli vennero condannate a bere i veleni fabbricati da loro stesse. In memoria di queste matrone assassine venne coniato, fino a divenire di uso comune, il termine “venenus” derivante proprio da “Venus” (designante il genere femminile). Da qui poi il modo di dire (citato da Seneca) “Pestilentia Manu Facta“.

VI) 190 a.C.: nelle guerra per il controllo dell’Asia Minore contro Antioco III re dei Seleucidi, viene attestato l’utilizzo da parte della flotta di Rodi di recipienti contenenti liquidi infiammabili, scagliati con catapulte verso le navi nemiche.

regno-pergamo-asia-minoreVII) 128 a.C.: in seguito alla cessione per testamento del regno di Pergamo (Attalo III) al popolo romano, viene inviato Manio Aquilio in Asia per debellare le rivolte di quanti sono contrari a questo passaggio di sudditanza. Il proconsole romano non esita (anche lui) ad avvelenare i pozzi della città. Scrive lo storico Anneo Floro:

Avendo mescolato – o delitto – del veleno nelle fonti per ottenere la resa di alcune città. […] In tal modo conseguì una vittoria tanto rapida quanto vergognosa, poiché contro il diritto degli dei e l’etica antica aveva contaminato con immondi veleni anche le armi romane, fino ad allora senza macchia.

1283180078gVIII) 77 a.C.: Quinto Sertorio, ultimo generale mariano, si ritira in Hispania e Lusitania e da qui conduce una guerra a parte contro la Repubblica Romana e Pompeo; riesce a creare anche un apparato statale basato su modello romano in queste terre. Sertorio, da come riporta lo storico Plutarco, utilizzò una polvere “simile a cenere” che spinta dal vento accecava e soffocava gli abitanti di Alcalà de Henares che si erano rifugiati nelle caverne di un colle inespugnabile.

IX) 90 d.C. Quando nasce l’idea che vi siano portatori di malattie che infettano volutamente la popolazione? Nel I secolo d.C. Il termine “untore” viene coniato da Cassio Dione, il quale riferisce la credenza che alcuni “scellerati” avessero infettato degli aghi pungendo alcuni malcapitati (poi contagiati) per motivi personali o perché pagati per farlo. Da qui la convinzione che la malattia (peste soprattutto) fosse di fattura umana…

img-1X) 256 d.C.: campagna sasanide di Sapore I contro Doura Europos (limes orientale dell’Impero Romano, fiume Eufrate). Un utilizzo di armi chimiche è testimoniato dagli studi dell’Università di Leicester, pubblicati sulla rivista American Journal of Archaeology (2009). Durante gli scavi degli anni ’20/’30 del Novecento, che avevano portato alla luce la città di fondazione seleucide Doura Europos, l’archeologo Du Mesnil ritrovò in un tunnel sotterraneo 20 scheletri di soldati romani e uno di un soldato persiano. ABRMAWR_SITE_10312519905La galleria presentava tracce nere di fumo sul soffitto (imputabili all’utilizzo di bracieri e mantici) e inizialmente la morte dei soldati si credeva frutto di uno scontro dove i Romani avevano avuto la peggio. Studi più approfonditi hanno determinato che le tracce di fumo contenevano biossido di zolfo, ottenuto dalla combustione di resine vegetali, cristalli di zolfo e bitume. Pertanto è ipotizzato si sia trattato di una vera e propria arma chimica, forse portata nella galleria proprio dall’unico soldato persiano.

 

La città, divenuta da sito carovaniero-commerciale a presidio militare logorata da continui riadattamenti difensivi (terrapieni che includevano edifici) e attacchi, venne abbandonata dalle legioni. All’epoca dell’imperatore Giuliano viene già descritta in stato di rovine e popolata da leoni.

1280px-Greekfire-madridskylitzes1XI) 674 d.C: assedio arabo di Costantinopoli. L’invenzione bizantina più famosa e conosciuta è il fuoco greco, utilizzato per la prima volta contro la flotta araba del califfo Mu’awyia. La creazione è attribuita all’architetto esule greco-siriano Callinico di Eliopolis (odierna Baalbek, Libano): si trattava di una miscela a base di salnitro e petrolio greggio a cui venivano aggiunte pece, zolfo e nafta, che non poteva essere estinguibile una volta accesa (reazione dovuta al contatto con la calce viva). Questa miscela veniva colata in un tubo rivestito di bronzo (cosiddetto “sifone”) che, collegato ad una presa ad aria, fungeva da lanciafiamme. I Bizantini custodirono gelosamente per secoli la formula, ottenendo nel suddetto periodo la supremazia sui mari.

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Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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