Antica Grecia

Sparta e le donne negli ‘Apophthegmata’ di Plutarco

Un giorno una straniera avrebbe detto a Gorgo, moglie del re di Sparta Leonida I: «Solo voi spartane comandate ai vostri uomini». Gorgo replicò: «Sì, perché solo noi mettiamo al mondo uomini».

Quando un tale una volta gli chiese perché aveva disposto che le ragazze si sposassero senza dote, (Licurgo) rispose: «Non deve succedere che una sia trascurata perché è povera o un’altra sia ambita perché è ricca. Gli uomini devono guardare il carattere di una ragazza e fare la scelta in base alla virtù».

Quando uno gli domandò per quale motivo gli Spartani volevano che le donne sposate si presentassero in pubblico col velo e le ragazze senza, (Carillo) rispose: «Perché le ragazze devono trovare marito, le donne devono tenersi quello che hanno».

A una donna spartana fu stato chiesto se per lei fosse piacevole l’arte del corteggiamento; rispose: «Quando ero una bambina ho imparato ad obbedire a mio padre e l’ho fatto. Così, quando sono diventata una moglie ho imparato ad obbedire a mio marito».

Una volta una donna della Ionia si vantava di una tela di gran valore che aveva tessuto: sentendola, una spartana le indicò i suoi figli, quattro splendidi ragazzi, e le disse: «Queste devono essere le occupazioni di una donna virtuosa: è di questo che dobbiamo andare fiere e vantarci».

Una madre spartana, quando seppe che suo figlio aveva disertato, lo giudicò indegno di Sparta e l’uccise, dicendo: «Non era sangue mio». Questo è l’epigramma che racconta la sua storia: «Vattene sotto terra, erba graffia! In odio a te l’Eurota [fiume della regione di Sparta] non scorra neppure per le timidi cerbiatte. Cucciolo inutile, mala razza, vattene all’Ade! Vattene! Questo figlio indegno di Sparta non è mio».

Una madre al figlio che le raccontò la morte coraggiosa del fratello in battaglia: «E non ti vergogni di non averlo seguito in questo viaggio?».

Un’altra madre al figlio fuggito davanti al nemico: «Si racconta di te una brutta storia: devi cancellarla, oppure smettere di vivere».

Un’altra quando si vide davanti i suoi figli che erano fuggiti dalla battaglia, disse: «Cosa siete venuti a fare, vigliacchi, servi buoni a nulla? O forse volete ritornare da dove siete usciti?». E con queste parole si tirò su la veste e mostrò loro il ventre.

Una donna, vedendo avvicinarsi suo figlio, gli chiese se c’erano buone nuove per la città; quello rispose: «Sono morti tutti», e lei allora prese una tegola. Gliela tirò in testa e l’uccise, dicendo: «E ti hanno mandato qui a portare la cattiva notizia?».

Una madre mandò i suoi cinque figli in guerra e poi si mise di vedetta alla periferia della città, aspettando le notizie della battaglia. Quando arrivò uno e le disse, in risposta alle sue domande, che i suoi figli erano tutti morti, lei ribattè: «Non è questo quello che volevo sapere, schiavo maledetto! La patria ha vinto o ha perso?». Quello rispose che aveva vinto e la donna concluse: «Allora non mi dispiace che i miei figli siano morti».

Mentre una madre seppelliva il figlio, le si avvicinò una vecchietta rincitrullita e incominciò a dire: «Povera donna, che disgrazia!». L’altra replicò: «Che fortuna, vorrai dire! L’avevo messo al mondo perché morisse per Sparta, e così è stato».

Una madre, porgendo al figlio lo scudo, lo incoraggiò così: «Figlio mio, torna o con questo o sopra questo [gli Spartani riportavano in patria i soldati morti sopra gli scudi]».

[Una madre spartana, rivolgendosi alle vicine durante una pubblica processione, dopo che le era stato annunciato che suo figlio aveva vinto una battaglia ma era morto per le molte ferite riportate] «Amiche, è cento volte meglio vincere in battaglia e morire che vincere ad Olimpia e sopravvivere».

Quando chiesero a una ragazza povera quale dote poteva offrire a un marito, essa rispose: «La virtù che mi hanno insegnato in famiglia».

Una ragazza ebbe una relazione prematrimoniale e abortì, seppe resistere alla sofferenza senza emettere un lamento, tanto che né il padre né gli altri numerosi parenti si accorsero che si era sgravata: infatti il senso dell’onore, scontrandosi con la vergogna, era più forte dei dolori lancinanti del parto.

Una spartana fu messa in vendita, e le fu chiesto cosa sapeva fare; rispose: «Essere fedele».

A una fu chiesto da un possibile acquirente se si sarebbe comportata bene, qualora lui l’avesse comprata; rispose: «Anche se non mi compri». Un’altra, quando il banditore prima della vendita le chiese cosa sapeva fare, rispose: «Essere libera». E quando poi il nuovo padrone le ordinò di fare una cosa sconveniente per una donna libera, gridò: «Peggio per te! Hai perso i soldi dell’acquisto», e si suicidò.

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Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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