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Roma prima di Roma nell’Eneide di Virgilio

Risalendo il fiume Tevere alla ricerca di aiuti militari per sostenere l’imminente guerra contro la coalizione italica guidata da Turno, Enea giunge nella città di Pallanteo, nello stesso luogo – sul colle Palatino – dove poi Romolo fonderà Roma. Anche questa città era stata fondata da un altro esule greco, Evandro (che ne era il re), venuto in quel luogo con la sua gente dall’Arcadia. Enea viene festosamente accolto e viene invitato a partecipare sia ai riti sacri che al banchetto di sacrificio in onore di Ercole. Al termine delle celebrazioni, Evandro racconta ad Enea le antiche memorie del luogo in cui si trovavano.

«Allora il re Evandro, fondatore della rocca romana: “Questi boschi erano abitati da Fauni indigeni e Ninfe e da una stirpe di uomini nata dai tronchi del duro rovere i quali non avevano leggi né religione, non sapevano radunare i raccolti o risparmiare ciò che avevano prodotto, ma gli alberi e la dura caccia li nutrivano con il vitto che davano loro. Primo venne Saturno dal celeste Olimpo fuggendo le armi di Giove ed esule, poiché gli era stato tolto il regno. Egli riunì la stirpe indocile che viveva dispersa sui monti e diede ad essa leggi e volle che la ragione fosse chiamata Latium, poiché in quei luoghi si era nascosto al sicuro. Vi fu l’età aurea, come si racconta. Così reggeva i popoli in pace tranquilla, finché un po’ alla volta venne un’età peggiore e oscura e subentrò la furia della guerra e l’amore del possesso.»

Le prime popolazioni locali erano gli Aborigeni, che vivevano come selvaggi, identificati nei miti come Fauni e Ninfe; la venuta di Saturno diede inizio alla rinomata ‘età dell’oro’ del Lazio e diede origine alla civiltà. Seguirono poi dei periodi più duri nei quali la pace e la giustizia, nel corso delle generazioni, lasciarono sempre più spazio ai ‘metalli’, ossia alle armi (e alla guerra) e all’avidità di possesso e ricchezze, il tutto in un continuo avvicendamento di popoli (Virgilio cita gli Ausoni/Aurunci e i Siculi; Dionigi di Alicarnasso riporta nel seguente ordine – Siculi, Aborigeni, Pelasgi, Arcadi, Ercole, Troiani – i popoli succedutisi) che cambiarono spesso il nome di quei luoghi (come ad esempio il fiume ‘Tevere’, che dal nome originario ‘Albula‘ prese il nome di ‘Thybrim‘ dal re-condottiero etrusco Servio Tibri che lì vi morì). Evandro poi illustra ad Enea i luoghi e i monumenti della sua città, da Virgilio ricollegati a dimostrare le antiche origini della Roma del suo tempo: il Campidoglio, luogo di boschi e rocce, è contrassegnato dalla presenza di un nume (Giove, a cui verrà intitolato il tempio più importante della città), oltre ad ospitare le rocche in rovina che furono di Giano e Saturno. Pallanteo si dimostra, per quanto retta da un re, una modesta città, lontana dall’insediamento aureo antico: basti pensare che la reggia di Evandro non è altro che una povera capanna, e che la popolazione è in gran parte costituita da pastori e contadini.

«Di qui mostra il grande bosco che il fiero Romolo destinò ad asilo [l’Asylum] e gli mostra il Lupercale [luogo dove la lupa avrebbe allattato Romolo e Remo] sotto la gelida rupe, detto, secondo il costume parrasio, di Pan Liceo [dio venerato in Arcadia]. E mostra anche il bosco sacro Argileto [luogo identificabile con il Foro, con il Campidoglio o con il Circo Massimo] e dichiara il luogo e racconta la morte dell’ospite Argo. Poi lo conduce alla sede Tarpea [luogo infame, rupe dalla quale venivano precipitati i traditori della patria] e al Campidoglio, oggi aureo, un tempo irto di roveri silvestri. Già da allora la paurosa sacralità del luogo atterriva gli intimoriti contadini, già allora rabbrividivano di quella selva e di quella rupe. Disse: “Un dio abita questo bosco, questo colle dalla cima boscosa: gli Arcadi credono di avervi visto lo stesso Giove […].”»

 

 

Virgilio imposta la descrizione delle origini di Roma seguendo due linee narrative: da un lato intende valorizzare le antiche tradizioni religiose di Roma (scopo principale dell’Eneide), dall’altro legittima la sua storia iniziata con l’intervento delle divinità che l’hanno resa grande, una grandezza giunta al suo massimo in età storica. La figura di Evandro è a sua volta un modello degli ideali augustei e allo stesso tempo degli ideali bucolici del poeta.

La figura centrale del racconto è Saturno, grazie al quale il Lazio diventa la terra di origine della civiltà agricola-pastorale e centro dell’età dell’oro. Il legame di Roma con il mondo soprannaturale è personificato infine dalla madre di Evandro, la ninfa e profeta Carmenta, possedente la sapienza oracolare, che predirà il futuro glorioso della discendenza di Enea.

«[…] Avanzando di là mostra l’ara e la porta che i Romani chiamano con il nome di Carmentale [ribattezzata poi Porta Scelerata in ricordo dei 300 Fabi che vi passarono prima di morire], antico onore della ninfa Carmenta, indovina fatidica, che per prima predisse i grandi discendenti di Enea a venire e la nobile città di Pallanteo.»

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Fonte/i: Virgilio, Eneide, libro VIII, vv. 313-354.

Antonio Palo

Laureato in 'Civiltà Antiche e Archeologia: Oriente e Occidente' e specializzato in 'Archeologie Classiche' presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'. Fondatore e amministratore del sito 'Storia Romana e Bizantina'. Co-fondatore e presidente dell'Associazione di Produzione Cinematografica Indipendente 'ACT Production'. Fondatore e direttore artistico del Picentia Short Film Festival.

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